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  • Immagine del redattoreGiorgia Rocca

I miei prezzi: gratis, per scambio, per poco, di mercato...


Ostico post.

Come sempre - o quasi - quando si parla di denaro.

Ho iniziato la mia carriera lavorativa collaborando con studi professionali di architettura. Dimensione provinciale, ma qualche bel lavoretto in cui sfogare la mia creatività c'è stato. Avevo i bambini piccoli, per cui lavorare "a progetto" era la dimensione per me ideale: orari flessibili e qualche soldino extra con cui arrotondare il bilancio famigliare. Senza l'impegno fisso della mamma sempre fuori casa per lavoro.

Ai tempi, certo, non avrei schifato l'assunzione a tempo indeterminato... quella sorta di miraggio col quale la mia generazione è stata allevata, dalla scuola in primis.

Tuttavia ho presto capito che il costo del lavoro qui in Italia è un grande deterrente per chi deve scegliere se affidarsi ad un collaboratore fisso con busta paga, piuttosto che ripartire da zero ogni tot mesi con collaboratori "a progetto", finché durano (i famosi co.co.pro, quasi delle "scorregge", mi vien da pensare...).

Assunzioni di prova, contratti a progetto, ritenute d'acconto, finchè nel 2012, in attesa della fine del mondo (cosa c'era da perdere?), ho aperto la MIA partita Iva: 02368210064.

WOW!

Me la sono sentita (gergo delle mie figlie).

Me la sono tirata (mio gergo).

Mi son data delle arie (gergo di mia madre).

Slang generazionali a parte, è stato tutto bello e interessante fino a che non sono arrivate le prime tasse da pagare, ovvio. E qui ho cominciato a capire la storia dei co.co.pro. e dei collaboratori meteora.

Ad oggi il mio contributo al bilancio famigliare continua ad essere lo stesso di quindici anni fa: un aiutino. Fatturo regolarmente i miei lavori e alla fine dell'anno, tasse pagate, mi resta circa un 50% di quello che ho incassato.

Per fortuna (o per sfortuna, chi può dirlo) mio marito ha un buon lavoro, per cui io posso permettermi di lavorare da casa, con i miei ritmi e i miei guadagni. E risparmiare di conseguenza su quelle che sarebbero le spese se dovessi delegare ad altri i lavori da "mamma-casalinga" (e qui ci sarebbe da scrivere un libro...).

Posso permettermi quindi di lavorare senza compenso, quando la "causa" mi sembra giusta.

Posso concedermi il lusso di lavorare a scambio, con chi ha qualcosa di interessante da barattare.

Posso scegliere di tenere un prezzo sotto a quello di mercato se devo lavorare per amici o parenti.

Quanto è etico tutto ciò? Non lo so. Forse rischio la galera, chissà.

Forse vado a rovinare il mercato con prezzi troppo bassi e svaluto il mio lavoro e quello degli altri. Ma non è sempre così.

Forse dovrei fatturare a mio marito le prestazioni lavorative come casalinga/baby sitter/tassista. Ma a quel punto avrei almeno una tripla partita Iva con le relative tasse da pagare...

Farei le stesse scelte se sulle mie spalle fosse la responsabilità di crescere da sola i miei tre figli? Probabilmente no.

Serve a qualcosa quello che ho scritto finora, se non a scaricarmi la coscienza e forse rischiare un controllo fiscale? Chi lo sa. Mi piacerebbe però aprire un dibattito sulle varie problematiche del lavoro oggi.

E visto che mi piace guardare il bicchiere da tutte le angolazioni, mezzo pieno o mezzo vuoto che sia, comunque io bevo. Alla salute!

Giorgia Rocca - Lavorare in giardino


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